La passione per la lirica me l’ha passata mia madre. Fin da quand’ero piccola la casa era piena di musica e parole di una lingua che mi appariva dolce e bellissima.

E in famiglia la sera del 7 dicembre era sempre una data speciale. La tavola era apparecchiata con le stoviglie più belle e dalla cucina arrivava di tutto: sashimi, sushi, ramen, udon, soba e tanto riso. Il tutto annaffiato da abbondanti tazze di saké. Tutta la casa risuonava della musica di un’opera. Alla mamma piacevano molto Verdi e Rossini, in particolar modo il Barbiere di Siviglia. Chissà perché. Eravamo l’unica famiglia giapponese che festeggiava il giorno della Prima della Scala, la serata inaugurale della stagione. Capirete quindi che nessuno dei miei parenti si è meravigliato quando ho iniziato a studiare canto e mi sono appassionata di lirica. E nemmeno quando a 18 anni ho deciso di trasferirmi a Milano per affinare i miei studi. Quando sono arrivata in Italia e mi presentavo sorridevano tutti. Non capivo. Kaori è un nome molto comune in Giappone. Poi mi hanno spiegato che era lo stesso nome di una ragazza che interpretava un famoso spot di un formaggio spalmabile molto in voga in quel periodo.

A Milano sono stati anni bellissimi. Ho imparato la lingua e sono diventata una soprano professionista. Ho conosciuto la città e i suoi monumenti, mi sono sposata con un italiano e ho avuto due bambini. C’è una cosa però che non avevo mai fatto fino a poco tempo fa: entrare alla Scala.

Lo so vi sembrerà assurdo ma è così. La Scala per me era come un Tempio. Da non profanare, che occorreva prima capire a fondo e poi, forse, avvicinare.

Pensate, ho cantato in tutti i teatri d’Italia ma alla Scala non ci sono mai neppure entrata.

Poi un giorno passo davanti alla piazza del Teatro e vedo un grande cantiere che stanno smontando. Così, senza pensarci, mi avvicino per leggere tutte le spiegazioni.

E scopro che il nome di una delle principali aziende che ha contribuito con la sua consulenza e i suoi prodotti alla ristrutturazione del Teatro alla Scala si pronuncia come un personaggio di un manga: Mapei. Capisco però che Mapei è italianissima e internazionale. E che è molto importante per quel cantiere, enorme e complesso, che utilizza ben 40 delle sue soluzioni.

Lo trovo un segno del destino. Un improbabile collegamento tra la mia vita e il Giappone. E proprio in quel momento mi ricordo che domani è il 7 dicembre. Corro a casa. Faccio qualche telefonata e miracolosamente un amico carissimo e con qualche conoscenza altolocata mi trova un biglietto per un palco.

Ecco, sto entrando alla Scala. È bellissima. Mapei ha fatto un buon lavoro. Chiamo mia madre. In Giappone è mattina presto ma mia madre è già in piedi. Sta pulendo la cucina dopo la cena per la Scala della sera prima. È venuta benissimo mi dice, come ogni anno.

* Mapei. Rodolfo Squinzi, il fondatore, è stato un esperto melomane. Oggi l’azienda è Socio Fondatore Permanente del Teatro e Giorgio Squinzi è membro del Consiglio di Amministrazione. Questa tradizione familiare viene condivisa da Mapei ogni anno, invitando alla Scala amici, clienti, personaggi di spicco e dipendenti per trasmettere il credo di Rodolfo Squinzi che amava ripetere: “il lavoro non può essere mai separato dall’arte e dalla passione”.

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