autore
Manfredi Catella
Presidente di COIMA
Dopo gli studi di Economia all’Università Cattolica di Milano, di Pianificazione Immobiliare presso il Politecnico di Torino e una specializzazione alla London Business School di Londra, Manfredi Catella ha iniziato a operare nel settore della finanza internazionale. Oggi è tra le figure più importanti del settore immobiliare, nel quale con COIMA - piattaforma di investimento, sviluppo e gestione di patrimoni immobiliari - ha sviluppato tra l’altro i progetti di Porta Nuova e Porta Volta a Milano

Dopo gli studi di Economia all’Università Cattolica di Milano, di Pianificazione Immobiliare presso il Politecnico di Torino e una specializzazione alla London Business School di Londra, Manfredi Catella ha iniziato a operare nel settore della finanza internazionale. Oggi è tra le figure più importanti del settore immobiliare, nel quale con COIMA - piattaforma di investimento, sviluppo e gestione di patrimoni immobiliari - ha sviluppato tra l’altro i progetti di Porta Nuova e Porta Volta a Milano.

 

Vincitore ai Mipim Award nella categoria “Best Urban Regeneration Project” con il progetto Porta Nuova, e nella categoria “Best Office & Business development” con le piramidi Feltrinelli di Herzog a Porta Volta. Può considerarsi soddisfatto?

Premetto che considero i premi ricevuti un riconoscimento alla squadra. I premi vinti di recente - e mi riferisco ai Mipim Award - ci hanno fatto molto piacere per due motivi: perché amplificano a livello internazionale il nostro lavoro, e dunque la nostra reputazione. E poi perché, fino ad ora, aziende italiane ad aver ricevuto un doppio riconoscimento come questo non ce ne sono mai state. Questo è un premio di tutto un settore che si distingue anche a livello internazionale, e non è mai successo prima. Perciò sì, sono soddisfatto. Come sappiamo bene però sono tappe, perché ora stiamo pensando ai nuovi progetti. Il premio infatti è la conclusione di un processo: Porta Nuova e Feltrinelli Porta Volta sono alle nostre spalle e noi siamo già proiettati nel futuro.



Per gli investitori internazionali questa doppia vittoria rappresenta un ulteriore fattore attrattivo per la città di Milano. Ha registrato un aumento d’interesse verso le pianificazioni immobiliari che avete in programma?

Questo lo vedremo in futuro. Sicuramente gli investitori, sia internazionali sia domestici, possono contare sul fatto che negli ultimi 15 anni i progetti realizzati a Milano ne hanno affermato con forza la qualità del territorio, incontrando anche il favore dei cittadini. Sono progetti lunghi, con  edifici che sono stati messi in cantiere anni fa e solo ora hanno visto la luce. Nel nostro mestiere i frutti si vedono dopo molti mesi o addirittura dopo anni. Inoltre Milano ha rappresentato un modello politico inedito fino ad ora in Italia se consideriamo che il progetto di Porta Nuova, che possiamo considerare come metro di misura, è passato attraverso ben cinque amministrazioni, le due di Gabriele Albertini, Letizia Moratti, Giuliano Pisapia e ora Giuseppe Sala, sotto la cui amministrazione verrà a breve inaugurato il nuovo  parco di Porta Nuova. Ciascuna delle amministrazioni comunali che si sono susseguite ha saputo prendere in eredità l’opera lasciata dal predecessore e portarla avanti, sino a vederla realizzata. Milano ha saputo dimostrare come, con una continuità politica e una visione di lungo periodo, i progetti si fanno e si possono concludere.

 

Il quartiere dei grattacieli di Porta Nuova è stata una novità per l’Italia. Secondo lei, si tratta di un modello replicabile in altre città, come ad esempio Roma, oppure rimarrà un unicum?

Penso che Porta Nuova abbia avuto una funzione culturale molto importante, che è quella di aver reintrodotto nel nostro Paese una committenza e un metodo di lavoro che considera l’immobiliare non come investimento speculativo o opportunistico, ma come un investimento sul territorio, in grado di avere un impatto sociale ed economico per una comunità più ampia del semplice promotore di quella iniziativa. Questo ha portato progressivamente a una rigenerazione nel rapporto tra pubblico e privato, riconosciuto anche a livello internazionale, come dimostrano i premi. Dunque, più che di progetto architettonico e urbanistico, forse si potrebbe parlare di metodo di lavoro. Certamente Porta Nuova è una dimostrazione concreta e non casuale e, dato il successo che ha riscontrato, può e deve essere replicabile in altre città. Io sono convinto che la replicabilità non sia dovuta all’architettura o agli edifici, ma al metodo: in ogni città gli ‘ingredienti’ possono essere diversi, il metodo no.

 



Verrà ricordato come colui che ha rivoluzionato lo skyline milanese. La soddisfazione più grande ricevuta in termini di riconoscimento?

Quella di passare da piazza Gae Aulenti e vedere i passanti che la fotografano e gli edifici che la circondano. È una situazione che in Italia si era persa, si fotografava solo la nostra storia antica. Il fatto che si inizi nuovamente ad apprezzare un’immagine o l’espressione architettonica della città contemporanea è una soddisfazione molto semplice, ma forse è il premio maggiore.

 



Fra poco verrà inaugurato il polmone verde di Porta Nuova, la Biblioteca degli Alberi. Un elemento centrale per lo sviluppo dell’area e un nuovo spazio verde aperto al pubblico. La definizione di ‘quartiere giardino’ è corretta?

Sinceramente non l’avevo mai sentita, ma mi piace molto! Un tema che per noi è molto sensibile e molto caro, e che metodologicamente progettiamo sempre con grande attenzione quando lavoriamo sul territorio, è proprio quello degli spazi pubblici. Al di là delle definizioni, ciò che noi abbiamo tentato di fare è stato stendere una sorta di ‘tappeto’ sopra le infrastrutture che completano la zona, come ad esempio la metropolitana, cambiando il piano della città e facendolo diventare pedonale. Abbiamo poi lavorato sulla qualità dello spazio pubblico dal punto di vista della pavimentazione, dell’illuminazione, dell’arredo urbano, ovviamente anche del verde, così da creare una sorta di tessuto in grado di legare tutte le aree. Consideriamo questo una vera innovazione, che va al di là dell’architettura - che può piacere o non piacere - e in qualche modo rende più semplice, potendo contare su un bravo architetto, anche la progettazione e la realizzazione dello spazio pubblico.

 



Secondo lei il verde è entrato a far parte della sensibilità urbana contemporanea, almeno per quello che riguarda i nuovi spazi ad uso collettivo, come ad esempio la Biblioteca degli Alberi?

Penso di sì. La particolarità degli spazi pubblici e della Biblioteca in modo particolare, e lo verificheremo dopo l’apertura, è il fatto che il verde non è quello ‘naturale’ della campagna, ma invece è usufruibile, sicuro, illuminato, vivibile e progettato anche per ospitare eventi e manifestazioni. Insomma: uno spazio verde di comunità.

 



Affidata a Cesar Pelli la riqualificazione della ex torre Inps, storico centro direzionale di Milano, cosa diventerà nei vostri progetti? Che cosa rimarrà della vecchia Milano degli anni ’60?

La ragione per cui l’abbiamo demolita è perché era un edificio inefficiente sia per quanto riguarda l’interpiano che per la definizione degli ambienti interni. Perciò è stata una decisione molto tecnica, su cui ha influito anche la domanda di particolari spazi che ora chiede il mercato. Il progetto risponderà alle nuove esigenze e sarà integrato con un’ulteriore attenzione alla sostenibilità ambientale. Il benchmarck non sarà quello di Porta Nuova, ma sarà ancora più elevato. L’altro fattore che stiamo integrando nella progettazione della nuova torre Gioia 22, distintivo rispetto agli edifici che abbiamo realizzato in precedenza, è quello della tecnologia. La ‘maglia’ infrastrutturale-tecnologica di sensori di analisi e raccolta dati che lo caratterizza è propedeutica proprio al miglioramento dell’edificio.

 



L’operazione sui 7 scali ferroviari milanesi è in sospeso, ma sicuramente le aree urbane in questione sono strategiche. Pensate in futuro di investire anche lì?

Ovviamente come Coima SGR il progetto ci interessa molto. Gli scali sono un’opportunità importante perché sono centrali e offrono metrature imponenti. Hanno certamente una funzione importante per comporre il mosaico che definirà la Milano del futuro. Per ora posso dire che come Coima SGR li guarderemo con interesse.

 



L’ultima domanda è personale: le piace vivere a Milano?

Sì. Come famiglia avevamo la possibilità di scegliere in quale città abitare e abbiamo scelto di vivere proprio a Milano, perché siamo convinti che la qualità della vita nelle città italiane in generale, e di questa in particolare, è molto alta e inoltre qui ci sono innovazione e internazionalità. Noi abbiamo l’idea che la densificazione come regola quasi assoluta che viene proclamata in continuazione, in realtà non sia vera. Puoi densificare il territorio fino a un certo punto, oltre le città diventano megalopoli complesse con enormi problemi di percorribilità e di sicurezza. Personalmente non credo che sia il modello di città a cui tutti noi aspiriamo. 

 
autore
Manfredi Catella
Presidente di COIMA
Tag
#architettura
Foto e Video Gallery
gallery
Ti potrebbe interessare anche
Citylife Shopping District
Progetti
23/07/2018
Citylife Shopping District
La torre della Fondazione Prada
Progetti
25/07/2018
La torre della Fondazione Prada
Milano, capitale della ricerca e della solidarietà
Interviste
28/06/2018
Milano, capitale della ricerca e della solidarietà
La biblioteca degli alberi di Milano
Progetti
12/07/2018
La biblioteca degli alberi di Milano
L’architettura tra spazi di memoria e innovazione
Interviste
13/07/2018
L’architettura tra spazi di memoria e innovazione