autore
Matteo Magistri
R&D Manager, Divisione Additivi per cemento, Mapei SpA
Attraverso l'uso de gli additivi e un corretto approccio all’innovazione è possibile tagliare le emissioni di CO2

Grazie a una combinazione unica di prestazioni meccaniche elevate, durabilità, facilità d’uso, ampia disponibilità di materie prime, buona possibilità di modificarne le proprietà e costi relativamente contenuti, il calcestruzzo è il materiale da costruzione più diffuso nel mondo e il secondo più utilizzato dopo l’acqua. L’elemento fondamentale del calcestruzzo è il cemento Portland; a sua volta, il cemento Portland contiene come ingrediente attivo il clinker Portland, una miscela di silicati e alluminati di calcio che, reagendo con l’acqua, induriscono e trasformano la miscela fluida di cemento e acqua in una massa solida che lega insieme aggregati di diverse dimensioni. 

Il tipico processo di produzione del cemento Portland (si veda la figura 1) inizia con l’estrazione delle materie prime - principalmente calcare e argilla - che sono macinate e mescolate per ottenere una prima grossolana miscela (detta "farina cruda"), che viene cotta in un forno speciale ad alte temperature, nel quale i silicati e la calce (insieme agli ossidi di alluminio e di ferro, aggiunti per migliorare l’efficienza del processo) reagiscono per dare origine ai silicati e agli alluminati di calcio che compongono il clinker Portland.

Il clinker è poi macinato finemente con gesso e altre aggiunte minerali (come calcare, ceneri volanti, loppa di altoforno, pozzolane naturali o artificiali) per ottenere la ben nota polvere grigia che conosciamo come cemento Portland, usata da milioni di addetti al mondo delle costruzioni come legante idraulico per il calcestruzzo.

Ridurre i gas serra per rendere i processi sostenibili

La produzione del cemento è un tipico processo industriale “pesante”, caratterizzato da un elevato consumo di energia sotto forma di combustibili necessari per raggiungere le elevate temperature richieste e dell’energia elettrica che serve per far funzionare i mulini di macinazione e gli altri macchinari. Inoltre, durante la produzione del clinker, il calcare (carbonato di calcio di origine naturale) viene decomposto e rilascia nell’atmosfera quantità rilevanti di biossido di carbonio (CO2). Ne risulta che l’industria del cemento è ritenuta responsabile dell’emissione di un valore compreso tra il 5 e l’8% del totale dei gas serra di origine antropica, principalmente a causa della produzione di clinker e della macinazione. La tabella a fianco (in alto) riporta i dati più attuali sull’emissione di CO2 causata dalla produzione del cemento, mentre nella tabella in basso sono brevemente descritte le principali strategie utilizzate per ridurre le emissioni.

La figura in alto riporta l’andamento della produzione globale del cemento prevista fino al 2050, che presumibilmente raggiungerà i 5 miliardi di tonnellate.

Appare pertanto evidente che la riduzione o eliminazione delle emissioni di CO2 è una sfida di vitale importanza per l’industria del cemento. A questo fine, la strategia più promettente è la riduzione della quantità di clinker contenuta nel cemento.

I cementi di miscela (in cui il clinker è parzialmente sostituito da altri materiali) non sono una novità: la loro produzione e il loro utilizzo hanno costituito una pratica comune per molto tempo e l’uso di materiali cementizi secondari come calcare, ceneri volanti, pozzolane naturali o artificiali è ben conosciuto e descritto negli standard tecnici. D’altra parte, la riduzione della quantità di clinker attualmente richiesta va ben oltre qualsiasi livello l’industria del cemento abbia mai raggiunto.

Per affrontare questa sfida, sono stati rilasciati nuovi standard tecnici (per esempio le norme europee EN 197-5 e 197-6, attualmente in discussione) che descrivono la produzione di nuovi tipi di cemento (chiamati CEM II/C e CEM VI) che hanno un contenuto di clinker molto basso. Sono inoltre in fase di studio nuovi tipi di materiali cementizi secondari e la loro combinazione con quelli tradizionali. Alcuni di essi sono già in commercio. Un esempio tipico è rappresentato dalle argille calcinate e dalla combinazione di argille e calcare: questi materiali hanno probabilmente il potenziale maggiore ai fini di una significativa riduzione del clinker.

 

Il ruolo degli additivi

I cementi a basso contenuto di clinker sono caratterizzati da una ridotta resistenza iniziale e da una maggiore richiesta di acqua. La riduzione dell’elemento attivo (il clinker) limita infatti le prestazioni meccaniche. Inoltre, alcuni materiali cementizi spesso assorbono una quantità significativa di acqua, aumentando la viscosità iniziale del calcestruzzo fresco. Risulta pertanto necessario correggere la resistenza e la domanda di acqua con appositi additivi: questi composti chimici influenzano l’idratazione del cemento accelerando l’aumento di resistenza e migliorando la viscosità che il cemento avrà una volta utilizzato per il calcestruzzo. Questi additivi aiutano inoltre nel processo di macinazione del clinker, aumentando la resa dei mulini e riducendo di conseguenza il consumo di energia durante la produzione di cemento.

Gli additivi possono essere studiati “su misura” a seconda delle necessità e delle caratteristiche chimiche e mineralogiche del cemento/clinker. Sono comunemente utilizzati come additivi di processo e aggiunti di solito durante la fase di macinazione: in questo modo si riducono indirettamente le emissioni di CO2, in maniera più o meno evidente a seconda del mix energetico utilizzato per generare elettricità. Grazie all’aumentata idratazione e al ridotto utilizzo di acqua garantiti dall’utilizzo degli additivi, il cemento prodotto può avere una maggiore sostituzione di clinker, con un effetto notevole sulla riduzione dei gas serra.

L’industria del cemento sta andando incontro a un cambiamento mai sperimentato in precedenza. Un compito difficile, ma attraverso un corretto approccio all’innovazione ci sono buone probabilità di successo.

Gli additivi possono essere studiati “su misura” a seconda delle necessità e delle caratteristiche chimiche e mineralogiche del cemento/clinker. Sono comunemente utilizzati come additivi di processo e aggiunti di solito durante la fase di macinazione: in questo modo si riducono indirettamente le emissioni di CO2, in maniera più o meno evidente a seconda del mix energetico utilizzato per generare elettricità. Grazie all’aumentata idratazione e al ridotto utilizzo di acqua garantiti dall’utilizzo degli additivi, il cemento prodotto può avere una maggiore sostituzione di clinker, con un effetto notevole sulla riduzione dei gas serra.

L’industria del cemento sta andando incontro a un cambiamento mai sperimentato in precedenza. Un compito difficile, ma attraverso un corretto approccio all’innovazione ci sono buone probabilità di successo.

Additivi per cemento: le domande più frequenti

 

Cosa sono gli additivi per cemento?

Gli additivi per cemento, detti anche coadiuvanti di macinazione, sono dei prodotti chimici che vengono impiegati durante il processo produttivo dei moderni cementi Portland. Essi vengono di solito aggiunti al cemento direttamente nei mulini durante la fase di macinazione del clinker insieme al gesso e agli altri materiali d'aggiunta

 

Perché si usano i coadiuvanti di macinazione?

Principalmente per aumentare l'efficienza produttiva, cioè per produrre un quantitativo maggiore di cemento a parità di energia utilizzata nell'impianto di macinazione, oppure per avere un cemento più fine e quindi molto più reattivo.

Inoltre, i moderni additivi per cemento svolgono anche funzioni di miglioramento delle prestazioni da un punto di vista chimico: essi intervengono durante l'idratazione del cemento (cioè quell'insieme complesso di reazioni chimiche che hanno luogo quando il cemento è mescolato con acqua e che portano all'indurimento e allo sviluppo delle prestazioni meccaniche), modificandone il decorso e permettendo il raggiungimento di resistenze meccaniche più elevate, un migliore controllo della cinetica dell'indurimento e una ridotta richiesta d'acqua a parità di viscosità di malte e calcestruzzo.

 

Coadiuvante di macinazione e additivo per cemento sono sinonimi?

Sostanzialmente sì, perché i prodotti moderni disponibili sul mercato nella maggior parte dei casi svolgono sia la funzione di miglioramento dell'efficienza di macinazione, sia di incremento delle prestazioni dei cementi per via chimica.

 

Quali sono i dosaggi tipici di un additivo per cemento?

Gli additivi per cemento hanno dosaggi che vanno dai 200-300 grammi fino a 2-3 chilogrammi per ogni tonnellata di cemento.

 

Qual è il loro meccanismo di azione?

La macinazione del cemento (così come molte altre tipologie di macinazione industriale) è un processo caratterizzato da una bassa efficienza, perché una parte minoritaria dell'energia impiegata (di solito energia elettrica, misurata in chilowattora-kWh) viene effettivamente utilizzata per aumentare la finezza del cemento, mentre il resto è disperso sotto forma di calore. Questo avviene perché quando la finezza diventa molto alta si hanno fenomeni di agglomerazione delle particelle fini che riducono l'efficienza del processo. Gli additivi per cemento permettono di controllare e ridurre questa agglomerazione, spingendo, a parità di consumo energetico, la produzione oraria del mulino e la finezza che è possibile raggiungere.

 

Quali linee di prodotto sono disponibili?

Mapei commercializza da più di vent'anni due linee di additivi per cemento descritte dagli acronimi MA.G.A. (MApei Grinding Aid) e MA.P.E. (MApei Performance Enhancer). Sono prodotti spesso formulati secondo le esigenze di ogni specifica cementeria che permettono una ottimizzazione accurata delle prestazioni dei cementi.

 

Si può stimare la riduzione delle emissioni di anidride carbonica ottenuta grazie all'utilizzo di additivi per cemento?

Si può stimare che utilizzando un additivo, per ogni tonnellata di cemento prodotta si evita l'emissione in atmosfera di circa 20 kg di CO2 rispetto alla produzione dello stesso cemento effettuata senza utilizzare additivi. La stima considera un dosaggio medio di additivo pari a 350 g/t, un aumento di produzione del mulino del 25% e una riduzione di 2 punti percentuali di clinker nella composizione del cemento, ed è basata su un mix energetico con 0,57 kg CO2 per kWh e su un valore medio di 862 kg di CO2 per tonnellata di clinker. Per una media cementeria questo si traduce in un risparmio di decine di milioni di kg di CO2 all'anno.

 

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