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autore
Andreas Kipar
Architetto paesaggista
L’architetto paesaggista Andreas Kipar: negli ultimi anni è cambiato radicalmente il modo di concepire la città

Arch. Andreas Kipar, lei è tra i pionieri, a livello internazionale, della progettazione del paesaggio, soprattutto in ambito urbano. Ci racconta brevemente qualcuno dei suoi progetti?

Tra ltalia, Svizzera e la Germania ci sono molti progetti che da più di trent’anni partono dal concetto che il paesaggio viene prima di tutto ed è il punto di partenza di ogni processo sia esso a piccola/grande scala, a breve/lungo termine. Tra gli esempi attuali vorrei citare Piazzale Loreto dove ripartiremo dal concetto spaziale di piazza per restituire questa porzione di città a Milano, passando poi a MIND (Milano Innovation District) dove trasformare l’area di Expo 2015 in un distretto dell’innovazione significa innanzi tutto riconnettere questa parte di città con il suo territorio, rafforzando non solo le connessioni fisiche ma anche l’identità del luogo e della sua comunità. Seguendo il principio e il motto “Landscape First”, il progetto di paesaggio diventa forza generatrice di nuove identità urbane, definendo un ecosistema urbano basato sui principi di sostenibilità e innovazione.

Oggi che la dialettica tra architettura e natura è sempre più pressante e strategica, complici il cambiamento climatico, l’incremento dell’urbanizzazione e la nuova percezione degli spazi aperti, come vede il ruolo della progettazione del paesaggio a breve e lungo termine?

Negli ultimi anni è cambiato radicalmente il modo di concepire le città, sviluppando paesaggi urbani più vivibili, dove il verde ha un ruolo determinante per costruire storie di paesaggio capaci di rigenerare le comunità urbane e i territori attraverso un approccio di sostenibilità basato sulla riconnessione con la natura. Per quanto possa sembrare paradossale a prima vista: lo spazio aperto crea spazio urbano, un teorema che è già stato attuato con successo in regioni urbane come Milano con i suoi "raggi verdi", o nella regione della Ruhr nella città di Essen, addirittura Capitale Verde d'Europa nel 2017.

L’imperativo è quello di recuperare la socialità, promuovere la presenza della natura urbana, nella sua accezione di rifugio sicuro e “sano”. Il 2020 ha poi imposto una profonda rilettura del rapporto tra le tipologie edilizie e la morfologia urbana e, nello specifico, la pandemia ha messo in atto l’accelerazione del lavoro da remoto. Tra le conseguenze di ciò vi sono state maggiori richieste funzionali per gli alloggi, nuove esigenze di “prossimità” nei quartieri e soprattutto una rivisitazione dei progetti di edilizia terziaria costosi e prestigiosi, ovvero gli edifici alti, che sempre più connotano “visivamente” le capitali del terziario. La nostra mission “Reconnecting people with nature” risponde al compromesso tra la necessità di creare nuove architetture e quella di far nascere un nuovo paesaggio urbano. Il nostro approccio alla progettazione vuole affrontare la dialettica tra il verticale degli edifici e l’orizzontale del paesaggio urbano: per questo sono a favore di una dimensione “olistica” del nuovo paesaggio urbano che si fonda sul ritorno della natura, anche ovviamente recuperando suolo da coltivare sulle coperture degli edifici stessi come sempre più la tecnologia permette di fare, senza dimenticare la vera rivitalizzazione del suolo urbano.


Uno dei suoi motti è “Let’s Break it up”, rompiamo con il passato, guardando le cose con un’altra angolatura. Cosa significa questo per chi progetta, per gli amministratori e per tutti noi abitanti?

Le aree verdi non sono più solo ornamentali, ormai svolgono una funzione infrastrutturale, generando una nuova idea di natura urbana. L'abito di una città si può cambiare, ma solo se prima si è ragionato sul corpo: riportare la natura in città si rivela dunque come una necessità non più solo paesaggistica ma anche strutturale e funzionale alla gestione urbana e al benessere delle persone. In una prospettiva ecosistemica, il verde urbano diventa un dispositivo per gestire le acque piovane, controllare il microclima, ridurre gli inquinanti e fornire spazi salutari e ricchi di biodiversità. Nei centri cittadini, per esempio, si tratta inoltre di trasformare piazze poco invitanti in una struttura più attraente, come sta succedendo a Milano in piazzale Loreto. In futuro, l'attuale area in posizione centrale, con le sue corsie stradali, diventerà una piazza rispettosa dell'ambiente e della popolazione.


Quanto le tecnologie e i materiali sostenibili giocano un ruolo determinante?

Nell’epoca della transizione ecologia e digitale è necessario monitorare e quantificare i benefici della Natura sulla persona. In quest’ottica, con il LAND Research Lab®, siamo partiti dal BIM, il Building Information Modelling, per dare vita a LIM®, (LIM landscape information modelling®). Significa, cioè, inserire il tema del paesaggio all’interno dei nuovi strumenti di progettazione e controllo. Il LIM ci dà la possibilità di misurare il paesaggio nel tempo; la previsione di un sistema dinamico attraverso la simulazione digitale diventa quindi di importanza fondamentale nel nostro lavoro, nel quale l’uso della tecnologia è sempre più necessario. Non si tratta più di piantare solo un albero o di creare una nuova area verde, ma anche di poterne calcolare, stagione dopo stagione e anno dopo anno, l’apporto in termini di riduzione dell’inquinamento, aumento della biodiversità, riduzione del riscaldamento. Solo allora il paesaggio entrerà nei bilanci delle città, delle aziende e nella consapevolezza dei cittadini trasformando il “Reconnecting People with Nature” da semplice motto a vera azione politica ed economica.


Prima le persone, quindi gli spazi e poi l’architettura. Questo è uno dei concetti cardine che vediamo in tanti suoi progetti. Come si realizza a livello progettuale questo nuovo approccio?

Il paesaggio è espressione della sfera pubblica, intesa come società composta dalle persone. Per questo i nostri progetti mirano a mettere al centro l’essere umano, che esprime sempre di più l’esigenza di aver una natura sotto casa, all’interno del proprio quartiere, a portata di mano. L’attenzione verso le persone passa necessariamente attraverso l’attenzione allo spazio vitale. Questo vale ancor di più nelle città densamente abitate come Parigi, Roma o Milano ove la riscoperta dello spazio pubblico richiede una grande sinergia/governance Pubblico/Privato. Nella rigenerazione urbana è necessario il passaggio dal progetto di spazi verdi ad autentici progetti di paesaggi urbani. Nel prossimo futuro la città sarà sempre più popolata e “vissuta” attraverso lo spazio pubblico ed è quindi necessario che questo diventi un contenitore di servizi a 360 gradi. La vera sfida non è il numero di alberi che si vogliono piantare ma la qualità che questi alberi possono creare nello spazio pubblico.


Nel suo gruppo di lavoro ci sono molti giovani professionisti e lei dedica molte energie alla formazione dei progettisti del futuro. In base alla sua esperienza, quali sono gli insegnamenti più importanti per loro?

Nella decade della sostenibilità, la next generation assume un ruolo davvero cruciale. Partiamo dai Fridays for Future: da anni diverse personalità dagli scienziati/ricercatori al Club of Rome fino a Jeremy Rifkin, ci avvertono della crisi generale dovuta al cambiamento climatico. Ma quello che ha dato la svolta a tutto ciò è l’impegno empatico della persona/indivduo, con l' entrata in scena di Greta Thunberg. Greta ha incorporato tutto ciò per cui bisogna affidarsi ai giovani.

Oggi l’insegnamento più importante che si può dare ai più giovani è di dare spazio, spazio alla loro creatività, spazio alla loro attività, al loro pensiero e, all’interno di questo spazio, offrire loro la possibilità di essere radicali nel senso positivo del termine. Radicali nel porre le questioni, radicali nel chiedere il perché, radicali nel far rispettare gli obiettivi delle Nazioni Unite dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

Anche nel nostro studio, che unisce persone provenienti da oltre 20 paesi con un’età media di 32,5 anni, il nostro impegno è proprio questo: costruire la piattaforma per le future generazioni, affinché possano germogliare con la loro fantasia, con la loro creatività, e soprattutto con la loro “Haltung”, il loro posizionamento, con il loro impegno etico, in modo da costruire quel mondo di cui abbiamo bisogno.

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