Prodi: Squinzi era nel cuore degli italiani, tra impresa e sport
Romano Prodi, ex Presidente del Consiglio ed ex Presidente della Commissione Europea, ricorda Giorgio Squinzi.
Romano Prodi, ex Presidente del Consiglio ed ex Presidente della Commissione Europea, ricorda Giorgio Squinzi.
Il rapporto di amicizia con Giorgio non è cominciato da discussioni su temi economici e nemmeno dalla condivisa passione per il ciclismo. Chi ci ha fatto conoscere è stata invece la sua carissima Adriana. I casi della vita avevano fatto sì che io fossi relatore della tesi di laurea di Adriana nella facoltà di Scienze politiche di Bologna. Una studentessa brillante e capace di intuizioni veloci riguardo alle quali sono singolarmente dotati i ragazzi romagnoli. Ci siamo poi rivisti solo dopo qualche anno, proprio quando mi ha presentato Giorgio: pochi minuti sono stati sufficienti per capire quanto sia stato decisivo nella vita e nell’impresa il loro essere insieme e, purtroppo, nella solennità del Duomo di Milano, mi è diventato ancora più visibile quanto sia stato doloroso il loro distacco.
La grande Mapei l’hanno infatti costruita assieme: Giorgio nelle sue strutture produttive e Adriana nell’immagine che l’ha resa così famigliare non solo agli italiani ma in tutto il mondo. Un’impresa singolare che, per le sue caratteristiche doveva moltiplicare gli stabilimenti, localizzandoli vicino ai consumatori di ogni continente. Di questo approfittavo per sapere da Giorgio come si muovevano i mercati e come era complesso interpretarne le differenze e le evoluzioni. E come bisognava non solo inseguire ma precedere queste evoluzioni dotando perfino i più piccoli e lontani stabilimenti degli strumenti di ricerca e di marketing necessari a interpretare le infinite sfumature del mercato.
Una cura del particolare che gli ha permesso di crescere fino ad assumere una leadership mondiale in un settore che, per il suo basso costo di trasporto, tende invece a essere frammentato fra piccoli produttori regionali. Un mercato che la Mapei ha fatto crescere in modo così continuativo da non avere mai adottato procedure di licenziamento o di cassa integrazione.
Il risultato è che il nostro paese possiede ora un’impresa davvero multinazionale, con oltre diecimila dipendenti e presente in oltre ottanta paesi del mondo.
Nel cuore degli italiani la Mapei non è però entrata solo con i suoi prodotti ma nella passione per lo sport, coltivata non solo nelle competizioni ma anche nell’attenzione perché lo sport obbedisca alle necessarie regole dell’etica e della responsabilità. Così Giorgio mi motivò l’uscita dal mondo del ciclismo dopo avere vinto ogni tipo di competizione. Per la stessa ragione ha voluto costruire a Castellanza un centro dedicato alla promozione dei corretti valori dello sport e, soprattutto, di un severo controllo dei confronti del doping e delle sue derivazioni.
Parlo soprattutto di ciclismo perché questa era non solo una comune passione ma anche l’occasione di numerose comuni pedalate. La sua passione sportiva si è espressa tuttavia in modo straordinario anche nel calcio, dove ha portato nella serie maggiore la squadra del Sassuolo, anche in questo caso legando la sua passione sportiva alla sua attività industriale in omaggio alla città attorno alla quale è nato, insieme al maggior centro produttivo europeo di piastrelle in ceramica, il primo grande mercato degli adesivi e dei prodotti chimici della Mapei.
Credo però che farebbe piacere a Giorgio (ed anche ad Adriana) che nel momento in cui lo ricordo mi vengono in mente non solo le discussioni sull’industria italiana o sulle complessità della nostra politica ma il momento in cui, nel lontano luglio del 2006, abbiamo insieme esultato, dalle tribune dello stadio di Dortmund, per l’indimenticabile vittoria dell’Italia sulla Germania. Mi sembra infatti bello ricordare gli amici soprattutto nella condivisione dei momenti felici.