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Livia Pomodoro
Magistrato e Presidente dell'Accademia di Brera
Magistrato e presidente dell’accademia di Brera: Livia Pomodoro parla del suo impegno passato e presente. Magistrato e prima donna a diventare nel 2007 presidente del Tribunale di Milano, dal 2014 Livia Pomodoro è presidente del Milan Center for Food Law and Policy, che sta lavorando all’eredità lasciata da Expo. Nel 2016 è stata nominata presidente dell’Accademia di Brera ed è il direttore dello Spazio Teatro No’hma, teatro ricavato da un’ex stazione in disuso del sistema dell’acqua milanese, ideato e fondato dalla sorella Teresa.

Magistrato e prima donna a diventare nel 2007 presidente del Tribunale di Milano, dal 2014 Livia Pomodoro è presidente del Milan Center for Food Law and Policy, che sta lavorando all’eredità lasciata da Expo. Nel 2016 è stata nominata presidente dell’Accademia di Brera ed è il direttore dello Spazio Teatro No’hma, teatro ricavato da un’ex stazione in disuso del sistema dell’acqua milanese, ideato e fondato dalla sorella Teresa.

 

Dal 1993 al 2007 ha presieduto il Tribunale per i Minorenni di Milano. Come sono cambiati i giovani, soprattutto in una grande città?

Sono stata presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano fino al 2007 e ormai sono passati più di 11 anni. Le evoluzioni nella società sono state tante e purtroppo non sempre positive, basta leggere le cronache di questi giorni, ma sarebbe una valutazione superficiale. Oggi ci sono molte difficoltà anche nella crescita dei giovani che le famiglie incontrano nel loro percorso educativo, un percorso purtroppo difficile in un momento in cui vi è uno scollamento con il mondo della scuola e della formazione dei ragazzi. Dire come sono cambiati i ragazzi è dire come è cambiata la società italiana. Perché i nostri figli sono i figli della società in cui vivono, che in questo momento non esprime valori molto forti e soprattutto non sempre sono valori tutti positivi. Sono però molto fiduciosa nella capacità dei giovani di proporsi per un futuro migliore, purché abbiano dei buoni maestri e che sappiano approfittare delle tante opportunità che oggi sono loro concesse.

 

Per anni ha lavorato come magistrato a Milano, rivestendo cariche importanti. Cosa le rimane di quella esperienza?

Le esperienze fatte nella vita delle persone sono tutte molto importanti, anche quelle che facciamo per poco. Io sono stata magistrato per cinquant’anni e non nego che sia stata un’esperienza molto lunga e importante e un’attività che resta come un elemento identificativo della mia personalità. Sono stata presidente del Tribunale di Milano per 8 anni e in anni recenti, ed è stata un’esperienza molto forte, molto difficile e complessa, ma io voglio essere giudicata dai risultati. Il Tribunale di Milano ha inaugurato sotto la mia dirigenza i bilanci di responsabilità sociale, ha modificato tutta la sua struttura introducendo il processo civile telematico, applicando l’informatizzazione dei sistemi in maniera molto vasta e coerente. Oggi è indicato come un tribunale con una metodologia e un’attività non paragonabile al resto d’Italia, forse solo all’estero, e continua a funzionare bene.

 

Lei dirige un teatro particolare, dove non si paga il biglietto per entrare. Com’è avvenuto il suo incontro con il teatro?

In realtà sono diventata il presidente dell’Associazione Teatro No’hma quando ero già presidente del Tribunale di Milano, perché il teatro è stato diretto e ha avuto come anima propulsiva la mia sorella gemella Teresa. Quando purtroppo nel 2008 è venuta a mancare, ho deciso di diventarne il presidente e di continuare il suo lavoro tenendo aperto il teatro. Un teatro particolare in cui non si paga il biglietto per entrare, indicando così un sistema di fare cultura aperto a tutti e che ha ripreso la sua attività normale lo stesso anno in cui lei è morta. Perché come tutti sanno la regola del teatro è che non si ferma mai, qualsiasi cosa accada. Ho iniziato in novembre la mia prima stagione teatrale 2008/2009 con un ciclo che ho chiamato “Le guerre dimenticate” e ci siamo occupati di tanti argomenti e di situazioni drammatiche facendo cose straordinarie con bravi attori e registi. Io in realtà ho fatto solo l’apprendista stregone e oggi, dopo 10 anni da quell’evento che per me è stato drammatico e terribile, ma che mi ha dato anche la forza di fare la teatrante, sono una teatrante a tutti gli effetti!

 

 

Dal 2016 è il presidente di una grande istituzione milanese, l’Accademia di Brera. Ha dichiarato allora che “L’avventura si annuncia straordinaria. Una sfida bellissima e difficile. Di quelle che piacciono a me”. Quali sono i suoi progetti?

Non è stata facile perché l’Accademia di Brera ha una governance molto vecchia come impostazione e fino a poco tempo fa ha scontato il problema della Grande Brera, cioè quello di avere l’opportunità e la possibilità di espandersi da qualche parte. Problema che è andato avanti per circa 40 anni, ma che io spero di aver risolto finalmente acquisendo per l’Accademia gli scali Farini. Ora questi spazi straordinari diventeranno il nostro campus delle arti e cominceremo subito ad attrezzare una parte degli ambienti in modo che già il prossimo anno accademico possano essere operativi. Inoltre in questa impresa abbiamo un partner d’eccezione come il Politecnico di Milano. Come afferma il direttore delle Ferrovie da cui abbiamo acquistato gli spazi, sulle cartine che illustrano i trasporti milanesi ci sarà indicata la fermata Farini/Brera e anche questo sarà un grande risultato.

Noi siamo in contatto con Mapei sia come Accademia di Brera che come teatro No’hma e vi ho chiesto di aiutarmi a cambiare Milano insieme, per trasformarla in un luogo che sarà una disseminazione di arte del tutto nuova per questa città.



È arrivata giovanissima a Milano dalla Puglia. Cosa ne pensa della sua città adottiva? È ancora la città delle opportunità?

È sempre stata la città delle opportunità, forse adesso è più evidente perché l’interesse viene anche dagli stranieri. Milano però deve stare attenta perché le opportunità sono importanti, ma quello che realmente conta è quello che sta sotto e cioè la solidità di un mondo di valori e un sistema che sappia gestire il nuovo senza dimenticare quello che è accaduto in precedenza e soprattutto senza dimenticare chi è in maggiore difficoltà. Io credo che in una città non ci siano periferie, le città si espandono da un punto in poi e quando si dice che si deve lavorare sulle periferie si deve intendere che si lavora per un’inclusione coerente di tutti, nella città di tutti: la città - come tutti i gruppi - è fatta di tanti apporti. Milano ha una vocazione europea che oggi in qualche modo la rende diversa dalle altre città italiane, dove ognuno deve fare la sua parte dalla scienza, alla tecnologia, all’arte, all’urbanistica, senza dimenticare che tutto ciò alla fine fa riferimento alle persone senza farne solo oggetto di un profitto dissennato.

 

Dopo aver fatto il magistrato, la teatrante, il presidente dell’Accademia di Brera, qual è il suo futuro?

Mai dire mai, potrei fare ancora tantissime cose e dipende dalle opportunità che mi si presenteranno!

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