Intervistato
Walter Milesi
Architetto

L’intervista all’Architetto Walter Milesi, progettista e direttore dei lavori, ci porta nel cuore della riqualificazione del borgo storico di Valleve, un piccolo gioiello delle valli alpine. L’architetto condivide con noi il significato di intervenire in un contesto così ricco di storia, i criteri progettuali adottati, le sfide tecniche affrontate e le soluzioni innovative come l’uso di materiali Mapei per garantire durata e funzionalità.

Recuperare l’anima di un borgo alpino come Valleve, situato a oltre 1.140 metri di altitudine, significa abbracciare una missione che intreccia storia, paesaggio e innovazione. L’architetto Walter Milesi, profondo conoscitore del territorio montano e delle sue dinamiche, ha guidato la riqualificazione del centro storico del borgo brembano. In questa intervista, ci racconta il fascino e la complessità di restituire vitalità a luoghi intrisi di memoria, preservandone l’identità e rispettando le esigenze contemporanee. Tra le sfide tecniche, il confronto con gli abitanti e le soluzioni Mapei adottate, emerge un progetto che esalta il legame tra tradizione e futuro.
Scorcio del centro storico del borgo di Valleve (Bg)

Arch. Milesi, Lei è un architetto di grande esperienza e un profondo conoscitore del territorio montano delle vallate alpine. Ci racconta, da progettista, cosa significa intervenire in un borgo storico come Valleve?

Intervenire all’interno di borghi Brembani come quello di Valleve, significa soprattutto riqualificare luoghi ricchi di storia, di comunicazioni, di mercati e di rapporti sociali. Significa incontrare luoghi con scorci caratteristici che meritano una sosta ed una fotografia ad architetture semplici o a manufatti dai caratteri unici.
Per molteplici ragioni ed in particolare per il commercio o trasferimento di merci, un tempo tutti i viandanti transitavano obbligatoriamente dai centri dei villaggi, che erano i nuclei pulsanti dell’economia locale: qui erano concentrate le botteghe, le attività artigiane, le osterie, le locande.
I paesi erano collegati da strade mulattiere che si districavano nei borghi tra vicoli e vie porticate e non vi erano molti ripari lungo le strade, per cui chi le percorreva doveva forzatamente giungere fino al borgo successivo per potersi ristorare. Vi era una maggiore vitalità e più stimoli per il commercio e per i rapporti interpersonali.
Oggi, con il cambio delle esigenze e della viabilità, i nuovi percorsi lasciano spazio e respiro agli antichi borghi, centri urbani di paesi ricchi di storia e di bellezze nascoste, anche se dai caratteri rudi e semplici come le nostre montagne, ma che danno ristoro al cuore ed alla mente di chi vi risiede o del visitatore occasionale.

Quali criteri hanno guidato la progettazione?

La filosofia progettuale che contraddistingue il nostro studio è guidata prioritariamente dalla storia. Prima di progettare analizziamo filologicamente le evoluzioni del sito dal punto di vista culturale, storico, sociologico, urbanistico e materico.
La progettazione del centro storico di Valleve è stata piuttosto complessa. Dalle poche testimonianze documentali si rileva la presenza di un luogo semplice, costituito da poche abitazioni connesse da stretti vicoli pavimentati per lo più con selciato a secco realizzato con sassi di fiume e di ulteriori limitate zone porticate.

Esisteva inoltre un’antica segheria, ora trasformata in Museo delle tradizioni locali, con mulino alimentato ad acqua derivata dal fiume che, attraverso un canale artificiale largo oltre un metro detto in gergo “seriola”, fluiva fino alla segheria per poi rientrare nel fiume poco più a valle.

L’alluvione degli anni ’80 ha cambiato profondamente il paesaggio. Il fiume ha allagato le aree spostando l’alveo dal centro e rendendo inutilizzabile la “seriola”, che è stata riempita da massi e sabbia lasciando solo parziali tracce del suo percorso. Le zone asciutte che si sono formate hanno contribuito a ridisegnare lo spazio urbano odierno, con aree a prato, parcheggio e ludico-sportive.

L’alveo è stato regimato dalle scogliere e dai muri di contenimento che assicurano tutto il centro storico e con l’occasione le superfici delle piazzette e dei vicoli sono state sostituite con pavimentazioni in cubetti di porfido posati a coda di pavone, che per svariate vicissitudini sono state ampiamente manomesse nell’arco degli ultimi quarant’anni.

Riportare in luce ciò che apparteneva alla popolazione ma che restava colo nella memoria è stata quindi la linea guida del progetto. Tracciati, porticati, la “seriola” insieme alla presenza di un lavatoio ed il tema dell’acqua, sono state ulteriori opportunità di guida all’estensione del progetto ed occasioni per la valorizzazione delle aree del borgo di Valleve.
La pavimentazione antistante il Museo delle Tradizioni Locali

Come è entrato in contatto con i prodotti Mapei?

Mapei è una realtà che conosco da tempo, ma occupandomi anche di edilizia civile mi ero finora interfacciato con l’azienda principalmente su tematiche connesse al ripristino con rasanti e impermeabilizzanti.
Come studio avevamo peraltro già proposto e testato un prodotto Mapei in occasione di un altro intervento di qualificazione di alcune aree pubbliche in provincia di Lecco, con risultati apprezzati anche dall’Amministrazione comunale.

Quali sono stati i motivi che hanno guidato la scelta di una pavimentazione drenante?

Valleve è un comune montano posto a oltre 1.140 m s.l.m., con lunghi inverni accompagnati da abbondanti nevicate ed esposto a temperature particolarmente rigide. In queste situazioni sono necessari interventi di pulizia con mezzi spalaneve e stesura di sale, che causano stress ai materiali ed in particolare alle sigillature, rendendo pertanto indispensabili prodotti resistenti e duraturi.

Considerati il luogo e la tipologia di pavimentazione scelta per l’intervento e valutate in particolare le prestazioni e versatilità della resina Mapei, abbiamo ritenuto opportuno di utilizzare Mapestone joint, indice di garanzia e durabilità e soprattutto idoneo per la tipologia di pavimentazione adottata.

Applicazione del MAPESTONE JOINT.

Quali sono stati i punti su cui si è concentrato o che l’hanno impegnata maggiormente?

Certamente i rapporti con le esigenze dei residenti e dell’Amministrazione Comunale, per poter condividere il progetto.
La realtà del borgo montano, con la presenza di stretti vicoli, ripide strade ed improvvisi cambi di direzione, rendono particolarmente complessa la progettazione, in particolare dei sottoservizi.
Il cambiamento climatico e nuove esigenze tecnologiche, infatti, costringono a rivedere ed a prevedere opere mai pensate per luoghi ristretti come il centro storico di Valleve, da condividere peraltro con ulteriori esigenze richieste da enti gestori dei pubblici servizi.

Quale bagaglio professionale e umano le lascia l’esperienza di questo cantiere?

La professionalità delle maestranze che operano sapientemente con la loro esperienza e passione, lasciano in ogni cantiere un segno.
Il confronto con i residenti e con gli amministratori comunali, che nei piccoli comuni si occupano e preoccupano particolarmente della buona gestione della “cosa pubblica”, consentono un arricchimento del bagaglio professionale che non si può ritrovare sui manuali.
Queste sono le cose più appaganti per un professionista che si occupa della “cosa pubblica”.

Se un collega le chiedesse qualche consiglio per affrontare un incarico analogo, cosa gli consiglierebbe?

Tre consigli:
  1. Indagare la storia scritta, documentata e confrontarsi con chi vive il borgo, compresi committenti amministratori pubblici che conoscono a fondo le esigenze dei cittadini e che debbono coniugare aspettative e finanziamenti;
  2. Scegliere materiali affidabili, possano garantire risultati a lungo termine;
  3. Confronto con le maestranze e scambio di pensieri e di esperienze. I materiali sono solo una parte del risultato, le persone fanno la differenza grazie alla sapiente restituzione del progetto ai cittadini.
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