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Nicolò Marchetti
Professore, direttore di spedizioni archeologiche italo-turche e italo-irachene
Intervista al Prof. Nicolò Marchetti, direttore di spedizioni archeologiche italo-turche e italo-irachene.

Nell’ultima intervista a Realtà Mapei, nel 2015, raccontava di essere impegnato nella realizzazione del parco archeologico di Karkemish, un sito sull’Eufrate a est di Gaziantep. Cos’è successo da allora?

Nel corso dell’ottava campagna, abbiamo finalmente inaugurato, il 13 luglio 2019, il parco archeologico sul sito per il pubblico locale (l’inaugurazione internazionale avrebbe dovuto avere luogo quest’estate 2020 ma ovviamente…). Può sembrare che ci abbiamo messo molto, ma il sito – vasto 100 ettari – si trova in una base militare e su un ex campo minato, e ottenere tutti i permessi, realizzare le dotazioni di sicurezza richieste dallo Stato Maggiore turco e soprattutto garantire la sostenibilità nel tempo di un sistema di gestione così complesso ha richiesto sforzi enormi da parte di tutte le istituzioni coinvolte.

 

Le zone in cui lei ha operato negli ultimi anni – da Tilmen Höyük a Karkemish – si trovano letteralmente sul confine tra Turchia e Siria, tutt’ora una zona “bollente”. Come si lavora e quali problemi sorgono quotidianamente in situazioni del genere?

Gli avvenimenti di cui siamo stati diretti testimoni, come guerriglie e guerre (il 24 agosto 2016 la Turchia ha invaso la fascia siriana occupata da ISIS, le cui pattuglie passavano sino ad allora a poche decine di metri da noi oltre il filo spinato del confine), potrebbero suggerire un contesto di lavoro quasi impossibile se visto dall’esterno. La realtà sul campo è invece che il supporto e la fiducia costanti della popolazione e delle autorità locali hanno reso la nostra permanenza non solo sicura ed efficace, ma ci hanno sempre motivato a superare ogni ostacolo senza che mai ci trovassimo in situazioni di pericolo.

 

Durante questi anni avete registrato trafugamenti di manufatti e furti su commissione, così come successo in altri siti in zone di guerra come in Siria o Iraq?

Dal 1989 ho lavorato in molti paesi del Vicino Oriente e il rapporto con le comunità locali è sempre stato la chiave per capire le loro necessità, priorità, valori e timori: dove si riesce a stabilire con esse un rapporto strutturale questi problemi vengono eliminati alla radice. Nel caso di Tilmen, non abbiamo mai avuto alcun danneggiamento al parco e alle sue numerose installazioni, è un caso quasi unico e lo si deve all’impegno delle tante componenti sociali che gravitano intorno al sito (pastori, cacciatori, pescatori, famiglie in gita, scolaresche). A Karkemish, trattandosi di una base militare, il pericolo per il sito è rappresentato dalle installazioni militari stesse. Negli anni siamo però riusciti a stabilire un dialogo fruttuoso con i comandi, certo ogni anno bisogna ricominciare da capo ma alla fine funziona. Il disastro siriano tuttavia è inconcepibile nella sua gravità anche per quanto riguarda il patrimonio, come già avvenuto in Iraq tra 2003 e 2007. Dal 2019 abbiamo iniziato un secondo nuovo progetto archeologico in Iraq a Ninive, gravemente minacciata dall’espansione urbana di Mosul che ha già distrutto oltre un terzo di questa immensa capitale assira (700 ettari): semplicemente non potevamo assistere passivamente a una distruzione quotidiana e il governo iracheno ci ha invitati a scavare, restaurare e riparare ai danni che tra 2014 e 2017 le scellerate politiche di ISIS e la guerra hanno arrecato al sito, adesso ulteriormente minacciato dalla ricostruzione. C’è ora bisogno di una forte collaborazione internazionale, l’impresa sembra titanica ma insieme può essere affrontata con successo.

 

Al momento i parchi archeologici sono visitabili? E sono ancora oggetto di scavo da parte della missione archeologica, che Lei dirige?

Sì Tilmen è aperto fin dal 2007 e Karkemish appunto dall’estate 2019. In entrambi i siti la manutenzione è continua e in capo alla nostra missione. Questo è un limite in prospettiva di cui il Ministero della Cultura turco dovrà prendere atto, verso Tilmen non abbiamo più da allora alcun obbligo formale e tuttavia il senso di responsabilità ci porta a sostenere noi ogni anno tutti i lavori necessari. La gestione della sicurezza e delle infrastrutture di visita è invece responsabilità delle autorità locali. Gli scavi continuano adesso solo a Karkemish, ogni anno con scoperte che cambiano aspetti della storia del Vicino Oriente antico e che restituiscono nuova architettura monumentale ittita (poi da conservare e restaurare).

 

Il sito di Tilmen Höyük, con il suo parco archeologico, è il protagonista del suo ultimo volume, che ha voluto dedicare al dottor Squinzi e alla dottoressa Spazzoli. Che ricordo ha di loro?

Allegria ed energia incontenibili, entusiasmo e rispetto per il lavoro dell’Italia nel campo dei Beni Culturali, voglia di contribuire con la propria eccellenza al recupero del passato comune. Nelle mie visite a viale Jenner, a Milano, la Dottoressa era un fuoco di artificio continuo di domande, commenti, progetti, proposte, ti sentivi accolto con un calore che sinceramente la e li rendevano unici, come vedevo chiaramente anche nel rapporto che avevano con i dirigenti e il personale di Mapei, cui erano legatissimi proprio a partire dal lato umano.

 

Lei ha iniziato a collaborare con Mapei a partire dagli interventi archeologici nei siti di Gerico, quindi di Tilmen Höyük e Tasli Geçit Höyük, e in ultimo di Karkemish. Quanto è stato determinante l’apporto dell’Assistenza Tecnica Mapei nella scelta dei prodotti e del loro utilizzo?

Nelle mie visite in via Cafiero, con Tiziano Cerulli e Pasquale Zaffaroni analizzavamo le caratteristiche fisiche dei materiali antichi da conservare (dai fragilissimi mattoni crudi, cioè di fango e paglia seccati al sole in antico, a calcari teneri o basalti durissimi fessurati dal fuoco degli incendi, fino a malte colorate di spessore impalpabile). Poi, rispetto al ventaglio dei prodotti Mapei, discutevamo le specifiche prestazioni rispetto alle nostre necessità. Devo dire che quasi sempre le sperimentazioni sul campo avevano successo già in prima applicazione e questo era sempre dovuto al duro lavoro dell’Assistenza Tecnica.

 

I prodotti Mapei utilizzati hanno risposto alle vostre richieste di interventi improntati al massimo rispetto delle strutture antiche?

Dall’incollaggio con ADESILEX PG2 degli ortostati in basalto nei palazzi reali e nei templi, dal consolidamento di mattoni crudi e malte e dal riempimento di vuoti destabilizzanti in murature antiche con i prodotti di quell’incredibile linea che è MAPE-ANTIQUE, da una miriade di altre micro soluzioni individuate grazie alla gamma Mapei, devo dire che ci siamo sempre trovati all’avanguardia nel restauro conservativo di strutture antiche di migliaia di anni.

 

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