Poco conosciuto, ma sempre presente. Stiamo parlando del radon, un gas radioattivo naturale, incolore e inodore, generato dal decadimento del radio, un metallo prodotto a sua volta dal decadimento dell’uranio. Il decadimento è un processo che avviene all’interno di un atomo e che porta alla trasformazione dello stesso in un atomo con caratteristiche diverse. Prodotto in particolare all’interno di rocce laviche, tufo, pozzolana e alcuni graniti, il radon si trova ovunque in quantità variabile. Il suolo è la sorgente principale dalla quale il radon si propaga nelle abitazioni, mentre nell’aria e nell’acqua esso si disperde rapidamente. All’aperto pertanto la sua concentrazione non raggiunge mai livelli elevati, mentre nei luoghi chiusi può essere alta e mettere a rischio la salute delle persone. L’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità - ha infatti classificato il radon come appartenente al gruppo 1 delle sostanze cancerogene per l’essere umano; questo gas è inoltre considerato il contaminante radioattivo più pericoloso negli ambienti chiusi.

Poco conosciuto, ma sempre presente. Stiamo parlando del radon, un gas radioattivo naturale, incolore e inodore, generato dal decadimento del radio, un metallo prodotto a sua volta dal decadimento dell’uranio. Il decadimento è un processo che avviene all’interno di un atomo e che porta alla trasformazione dello stesso in un atomo con caratteristiche diverse. Prodotto in particolare all’interno di rocce laviche, tufo, pozzolana e alcuni graniti, il radon si trova ovunque in quantità variabile. Il suolo è la sorgente principale dalla quale il radon si propaga nelle abitazioni, mentre nell’aria e nell’acqua esso si disperde rapidamente. All’aperto pertanto la sua concentrazione non raggiunge mai livelli elevati, mentre nei luoghi chiusi può essere alta e mettere a rischio la salute delle persone. L’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità - ha infatti classificato il radon come appartenente al gruppo 1 delle sostanze cancerogene per l’essere umano; questo gas è inoltre considerato il contaminante radioattivo più pericoloso negli ambienti chiusi.

 

LA SITUAZIONE ITALIANA
Oltre vent’anni fa l’Istituto Superiore della Sanità, insieme alle Agenzie per la protezione dell’ambiente regionali e provinciali (Arpa e Appa), ha realizzato un’analisi a livello nazionale sulla concentrazione di radon all’interno degli edifici. La radioattività del radon si misura in Becquerel (Bq), dove 1 Becquerel corrisponde a un decadimento al secondo. L’indagine ha evidenziato che in Italia la media è di 70 Bq/m3, valore relativamente elevato rispetto alla media mondiale valutata intorno a 40 Bq/m3 e a quella europea di circa 59 Bq/ m3, mentre a livello regionale la situazione è molto diversa e si va da un valore di 40 Bq/m3 delle Marche, ai 95 della Campania, ai 99 del Friuli-Venezia Giulia, ai 111 della Lombardia, ai 119 del Lazio.

Nel 2002 in Italia è stato predisposto il Piano Nazionale Radon (PNR) che ha preso il via 3 anni dopo con il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Sul sito dell’ISS (www.iss.it/radon) sono a disposizione le informazioni sul problema radon, le normative e i corsi organizzati da INAIL, ISPRA e dalle Regioni attraverso l’ARPA. Nel 2014, con la pubblicazione della nuova direttiva europea sulla protezione dalle radiazioni ionizzanti, è diventato obbligatorio per tutti gli Stati Membri della UE dotarsi di un "piano nazionale radon".



IL RADON NEGLI AMBIENTI QUOTIDIANI
L’esposizione al radon avviene all’interno degli edifici. I livelli di radon in un ambiente chiuso vengono determinati da diversi fattori, a cominciare dalle caratteristiche del suolo sottostante, dall’edificio stesso, dalle condizioni ambientali come temperatura, pressione, umidità, dalle condizioni meteorologiche e dallo stato degli spazi interni, come il riscaldamento o i ricambi di aria. Il radon fuoriesce dalle porosità e dalle crepe del terreno e da alcuni materiali da costruzione e - in misura minore - dall’acqua, e si accumula facilmente negli ambienti chiusi, penetrando in fessure, giunti di connessione, canalizzazioni degli impianti idraulici, elettrici e di scarico, ma anche in alcuni materiali da costruzione, come cementi, laterizi, graniti o tufi.

La concentrazione di radon si solito è maggiore nei locali interrati o seminterrati e al piano terra, mentre dal primo piano in poi, essa cala. Per ora la normativa italiana non prevede per le abitazioni una percentuale da non superare, eccetto che per i luoghi di lavoro e le scuole (D.Lvo 241/00), e per questo gli esperti suggeriscono di non superare la soglia di guardia compresa tra i 100 e i 300 Bq/m3 indicata dall’OMS. Inoltre, secondo una raccomandazione della Comunità Europea (90/143 Euratom), se vengono superati i 400 Bq/m3 per gli edifici esistenti e 200 Bq/m3 per quelli di nuova costruzione, si consiglia di intervenire con azioni di risanamento.



INTERVENIRE COME UNICO RIMEDIO
Se il radon proviene specialmente dal sottosuolo, le tecniche di riduzione devono mirare soprattutto a impedire o limitare l’ingresso di questo gas dal suolo. Per farlo possono essere utilizzate tecniche quali la ventilazione dei vespai, la sigillatura di tutte le possibili vie di ingresso dalle pareti e dai solai a contatto con il terreno, la pressurizzazione dell’abitazione o l’aspirazione del gas dal suolo al di sotto dell’edificio. La ventilazione del vespaio è realizzabile se l’edificio presenta un’intercapedine al di sotto della soletta dell’attacco a terra. La presenza di venti potrebbe aiutare a ventilare naturalmente il vespaio, diluendo il gas proveniente dal terreno, oppure è possibile utilizzare ventilatori che creano una pressione negativa o positiva al di sotto del solaio dell’edificio. 

Se l’edificio da risanare non dispone di un vespaio o di un locale sottostante, è possibile costruire uno o più pozzetti interrati al di sotto dell’abitazione o lungo il perimetro esterno, che aspirano il gas dal terreno e lo incanalano in apposite tubazioni che lo rilasciano all’esterno. Anche la sigillatura di crepe e fessure che possono trovarsi lungo le superfici di contatto tra il terreno, le parete verticali e il solaio a terra è una tecnica utile. 

È possibile anche sigillare tutta la superficie dell’edificio utilizzando membrane che sono resistenti al passaggio del radon. Per prevenire la presenza di radon durante la costruzione di un edificio è possibile anche inserire una barriera resistente ai gas quando si realizzano le parti a contatto con il terreno, oppure utilizzare particolari cementi che limitano il naturale ritiro che si verifica dopo ogni colata di cemento e la conseguente formazione di fessure nella fase di consolidamento. 


COME SI MISURA IL RADON
L’unico metodo sicuro per accertare la  presenza di gas radon è misurarne la  concentrazione con appositi rilevatori.  I cittadini possono rivolgersi direttamente  ad organismi di misura idoneamente  attrezzati sia pubblici che privati chiedendo  misurazioni di lungo periodo (generalmente  un anno).  Lo strumento di misura più opportuno per  tali rilevazioni è il cosiddetto dispositivo o  dosimetro passivo. I dosimetri passivi sono  di piccole dimensioni e non necessitano di  alimentazione elettrica; essi forniscono un  valore medio della concentrazione di radon  in aria nel periodo di esposizione. Sono  costituiti da un contenitore di materiale  plastico che ospita un elemento sensibile al  radon (rivelatore a tracce o elettrete). Questi  strumenti non emettono alcuna sostanza o  radiazione e possono essere collocati in un  locale per un determinato periodo di tempo,  al termine del quale vengono restituiti al  laboratorio per l’effettuazione dell’analisi.  Un’alternativa, molto diffusa nei Paesi  Scandinavi, per effettuare misurazioni di gas  radon in un ambiente domestico, è quella  di acquistare dei rilevatori “fai da te”. Da  poco ad esempio si può prenotare N1 Plus,  dispositivo prodotto da Nuvap che assicura il  monitoraggio automatico di diversi parametri  di inquinamento ambientale per la sicurezza  della casa, tra cui, appunto, la presenza di  gas radon. 

 


 

 
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