Il Presidente nazionale dell'Associazione Dimore Storiche (ADSI) racconta l’impegno per la conservazione e manutenzione delle dimore storiche e l'impegno di ottenerne il loro pieno riconoscimento costituzionale. Tra nuovi progetti, un nuovo sito e nuove possibilità legislative, ci spiega le criticità del turismo legato all'arte e le esigenze di un nuovo tipo di consumatore internazionale e di conseguenti investimenti per il raggiungimento di standard sempre più elevati.

Gaddo della Gherardesca è stato eletto lo scorso anno presidente nazionale dell’Associazione Dimore Storiche Italiane per il triennio 2016/2019. Appartenente a una delle più antiche famiglie toscane e pronipote del conte Ugolino, il nobile fiorentino è stato anche membro del Consiglio Nazionale dell’Associazione Dimore Storiche Italiane e dal 2015 è il rappresentante italiano di European Historic Houses Association. Esperto di media e comunicazione, riveste la carica di vice presidente di Prs, società concessionaria di pubblicità, attiva nel settore delle televisioni di area e satellitari, della radio e del web.

 

Lo scorso anno è stato votato alla presidenza di A.D.S.I. - Associazione Dimore Storiche Italiane. Ci può illustrare di cosa si occupa questo organismo?
Il 27 aprile 2016 ho accettato con vivo entusiasmo e con un profondo senso di responsabilità l’onore e l’onere di guidare l’Associazione Dimore Storiche Italiane che, da 40 anni, ha come missione la tutela, la valorizzazione e la gestione dei beni storici culturali privati italiani. Un tema estremamente attuale nel momento in cui la bellezza e la ricchezza del nostro patrimonio culturale sono finalmente al centro del dibattito e dell’attenzione dell’opinione pubblica, con la consapevolezza – comunque – che c’è tanto da fare per il riconoscimento dell’importanza costituzionale del patrimonio storico/artistico di proprietà privata.

 

Durante il convegno dedicato a “Cultura e impresa: le eccellenze italiane guardano al futuro”, che si è svolto il 6 maggio a Roma, lei ha affermato che “bisogna essere romantici ma anche un po’ folli, per mantenere beni come i nostri”. Può spiegare questa sua affermazione?
Ritengo che questa mia affermazione sintetizzi quello che è l’atteggiamento del proprietario di un immobile dichiarato di interesse storico-artistico: romantici,  perché soltanto “l’amore” che si ha per la propria dimora può giustificare le energie e la dedizione messe nel conservare non solo le “mura” ma il cuore della casa; folli, perchè è sicuramente una scomessa importante, ma solo rischiando e mettendo in gioco la logica e il raziocinio si possono ottenere dei risultati significativi.

 

Riqualificare e conservare edifici antichi non ha un significato legato solo alla storia e all’arte, ma comporta soprattutto valorizzarli e farli divenire un importante volano per l’economia italiana. D’accordo o contrario?
Mi trova d’accordissimo poiché la questione non è solo la conservazione di questo patrimonio, a cui i proprietari dedicano da sempre, e fin dove possibile, i propri sforzi, ma anche appunto la sua valorizzazione, perchè possa esprimere il suo enorme potenziale economico: ospitalità, turismo, produzione enogastronomica di qualità, edilizia, paesaggio e artigianato ruotano tutti attorno a un sistema che già riveste un ruolo importante sul territorio e che, se sostenuto, può crescere esponenzialmente.

 

Le bellezze storico-artistiche presenti in Italia - se ben valorizzate e promosse - potrebbero aver un enorme potenziale economico. Ospitalità, turismo enogastronomico, edilizia, avrebbero quindi secondo lei le possibilità di fare sistema con importanti ricadute sul territorio che le circonda?
È quello che ci auguriamo, infatti il nostro scopo – in un dialogo costruttivo con le Istituzioni, ma anche con gli operatori economici e locali – è  trovare insieme nuove strade e sviluppare nuovi progetti che aiutino la crescita del Paese.

 

 

Cancellazione dell’Imu per le dimore storiche, ampliamento dell’ArtBonus ai privati, riforma del catasto: questi alcuni degli argomenti che coinvolgono in prima persona i proprietari di migliaia di realtà architettoniche storiche, beni protetti ma molto dispendiosi da mantenere. Come associazione quali sono i rapporti con le istituzioni nazionali e locali e che aiuto forniscono?
Tenendo conto che il nostro Paese sta attraversando una crisi economica, di sistema e permettetemi di dirlo etico-culturale, dobbiamo comunque ritenerci fortunati perchè le Istituzioni stanno mostrando da tempo una maggiore attenzione e sensibilità nei nostri confronti studiando assieme quali percorsi intraprendere per migliorare la nostra situazione. Sicuramente il tema fiscale è il “tema”, ma non perché i proprietari delle dimore storiche pretendano privilegi ingiusti, ma occorre capire quanto già paghino e in quali difficoltà oggi si trovino. Bisogna assolutamente sfatare il pensiero che gli immobili storici siano “beni di lusso” o di “ricchi” e quindi che vadano tassati in modo diverso se non superiore, perchè laddove si agevola un bene vincolato, deve essere chiaro che non vuol dire “aiutare i proprietari”, ma aiutare il “bene culturale” e consentire a chi lo custodisce di poterlo conservare, tutelare e tramandare alle generazioni future. Naturalmente da anni siamo consapevoli che percorriamo una strada in salita e che i nostri immobili, sottoposti al vincolo, subiscono l’incidenza sempre più importante dei costi di manutenzione e gestione, della riduzione della redditività dei suddetti beni e della sospensione del fondo di finanziamento previsto dal Codice dei Beni Culturali. A questo va aggiunto un continuo innalzamento del carico fiscale e laddove non venisse riconosciuta una parte di tale regime, comporterebbe in alcuni casi l’inevitavile declino e abbandono.

 

In Italia appena il 13% di prenotazioni turistiche è online, a fronte di un 24% europeo. Il web oramai è uno strumento indispensabile per far conoscere e mostrare al mondo cultura, storia e tradizioni italiane comprese le dimore storiche. Avete qualche progetto in questo settore?
L’Italia nel 1970 era la prima destinazione turistico culturale mondiale, oggi siamo al quinto posto pur essendo il Paese che ha più siti Unesco al mondo. Credo che la causa di tutto ciò sia che non siamo più competitivi come una volta. Come A.D.S.I. abbiamo sviluppato il portale www.dimorestoricheitaliane.it dedicato alla promozione solo ed esclusivamente di immobili storici monumentali. Di pari passo con la realizzazione del sito stiamo lavorando per la sensibilizzazione presso i nostri associati verso un approccio maggiore nel campo della promozione on line, affinchè il patrimonio culturale privato italiano possa essere maggiormente friubile dai viaggiatori internazionali. Pur essendo un progetto relativamente giovane, siamo riusciti, in poco meno di due anni, ad ottenere una valida indicizzazione sui motori di ricerca riscontrando un traffico medio mensile di 25mila visitatori unici.

 

Nel Duemila il turismo non si accontenta “solo” di storia e monumenti. Sono necessarie infrastrutture e servizi all’altezza - dal wi-fi all’aria condizionata, all’isolamento acustico, alle finiture moderne - per competere con altri Paesi nel mondo. Cosa ne pensa?
Penso che sia giusto in quanto bisogna sì dare uno sguardo al passato per non dimenticare le nostre radici nonchè il nostro patrimonio storico, ma allo stesso tempo adeguarsi alle sempre maggiori esigenze da parte dei viaggiatori internazionali. Le nostre dimore storiche si prestano alla domanda di turismo esperienziale e allo stesso tempo possono garantire tutti i confort e servizi all’altezza

 

 

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