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Letizia Moratti
Fondatrice e Presidente della Fondazione E4Impact
Letizia Moratti, fondatrice e presidente della fondazione E4Impact, spiega gli obiettivi del progetto nell'intervista che ha rilasciato per la nostra intervista.

Imprenditrice in ambito finanziario e nelle telecomunicazioni, Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti è stata la prima donna a ricoprire la carica di presidente Rai (1994-1996). Dal 2001 al 2006 è stata ministro per l’Educazione, l’Università e la Ricerca Scientifica. Nel maggio 2006 è stata eletta sindaco di Milano, ottenendo durante il suo mandato l’assegnazione di Expo 2015, di cui è stata nominata commissario straordinario delegato dal governo. Dal febbraio 2012 è presidente del Comitato Etico dei Garanti per i progetti dell’Ente nazionale per il Microcredito e della Fondazione San Patrignano. È stata membro dell’Advisory Board italiano della Social Impact Investment Task Force istituita in ambito G8 e dell’International Board del Movimento per l’economia positiva dell’economista Jacques Attali. Dal 2015 è fondatrice e presidente di Fondazione E4Impact.

 

Quando e come è nata l’idea di E4Impact?

Il progetto di E4Impact è nato nel 2010 su iniziativa dell’Altis, l’Alta Scuola di Formazione dell’Università cattolica del Sacro Cuore, con l’obiettivo di sostenere una cultura dell’imprenditorialità in grado di portare sviluppo in Africa attraverso una grande alleanza con le università africane per sviluppare con servizi di formazione una nuova generazione di imprenditori a forte valenza sociale.

Nella primavera del 2015 ho conosciuto questa iniziativa e con il supporto di alcune aziende abbiamo creato la Fondazione E4Impact che vede oggi coinvolti, accanto all’Università Cattolica, soggetti di spicco dell’imprenditoria italiana, oltre a Mapei, Salini-Impregilo, Bracco, Eni, Intesa Sanpaolo. Grazie al progressivo sviluppo dell’esperienza sul campo, l’impegno di E4Impact è sostanzialmente cresciuto.

L’obiettivo è quello di estendere il presidio dai 7 paesi africani attuali a 15 entro il 2020, arrivando a formare oltre 500 nuovi imprenditori all’anno, capaci a loro volta di generare migliaia di posti di lavoro.

 

L’Africa è un grande continente, con una popolazione giovane e ricco di materie prime, ma “povero” di competenze. Quali sono i progetti della fondazione e in quali stati africani opera?

Come detto, lo spirito che anima la Fondazione è quello di provare a diffondere in un numero sempre maggiore di stati africani il seme del “fare impresa” come risposta alla voglia di rilancio di queste comunità.

Ad oggi, E4Impact ha coinvolto oltre 650 giovani imprenditori nei suoi corsi di formazione in Kenya, Uganda, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Ghana, Senegal ed Etiopia. Di questi, il 33% - ovvero un terzo del totale - risultavano già titolari di un’azienda, mentre il restante 67% avrebbe voluto fondarne una.

Il 73% dei partecipanti hanno attualmente un’azienda ed è interessante notare che il 100% di quanti già erano titolari di una loro azienda ha registrato un incremento del giro d’affari. Degli altri, il 60% ha invece avviato a tutti gli effetti un suo progetto d’impresa, mentre la quasi totalità del restante 40% ha comunque ottenuto un avanzamento di carriera nella realtà dove lavorava.

L’occupazione direttamente collegata agli imprenditori formati da E4Impact ha raggiunto le 3.500 unità.

Inoltre, E4Impact ha recentemente avviato insieme all’Agenzia per la cooperazione internazionale un acceleratore di imprese a Nairobi, ponendosi ulteriormente come fattore di crescita e di sviluppo di partenariati con imprese italiane attente all’impatto sociale.

 

 

Expo è stata un’occasione di crescita per la città di Milano. È soddisfatta dei risultati oppure avrebbe voluto che questo evento fosse diverso? E cosa ha lasciato alla città ora che si è concluso?

Per me Expo 2015 ha rappresentato il progetto bandiera della mia esperienza alla guida della città di Milano e ne sono particolarmente orgogliosa, perché già nel 2008, l’assegnazione a Milano aveva reso evidente il fatto che, quando l’Italia lavora insieme, unendo le proprie eccellenze, è in grado di ottenere grandi risultati.

Per quel progetto Università, Centri di ricerca, Banche, Sindacati, hanno lavorato a stretto contatto con le Istituzioni nazionali e locali, con una capacità di dialogo auspicabile e che dovrebbe essere sempre replicata, non solo per progetti di queste dimensioni.

Inoltre, credo che Expo abbia rappresentato un sogno da cui è partita una chiara volontà di rilancio e una maggior consapevolezza per tutta la città. Grazie all’aiuto di alcuni imprenditori illuminati come il Dott. Squinzi, che hanno affiancato il progetto con la Fondazione Amici di Expo.

Forse il solo rammarico è quello di non aver visto realizzati tutti gli importanti progetti di cooperazione internazionale previsti inizialmente nel progetto.

 

L’Expo è stata anche occasione di avvicinare paesi lontani, spesso dimenticati come quelli africani?

Sì, lo è certamente stata, in particolare attraverso i progetti di cooperazione. È stata un’occasione per dare un contributo alla realizzazione degli allora Obiettivi del Millennio, oggi rinnovati con i Sustainable Development Goals.

L’Africa era lontana dal raggiungimento di tali obiettivi, soprattutto nel campo dell’istruzione e della salute, e quindi abbiamo attivato diversi progetti per aiutare i paesi africani a costruire le competenze necessarie a raggiungerli.

 

Milano ha un nuovo skyline e una nuova voglia di fare, e questo grazie anche al suo impegno come sindaco della città. Il futuro però pone anche inevitabili criticità, tipiche delle metropoli. È possibile affrontare le sfide future senza sacrificare nessuno?

Credo sia necessario. Milano ha grandissime possibilità, rappresenta il 10 per cento del Pil italiano e ha un tasso di innovazione che è più del doppio della media nazionale. Il welfare milanese è avanzato, qui sono nate la prima banca del sociale e la prima banca per gli immigrati. Milano è città dell’inclusione sociale, della cultura e dell’innovazione; deve rappresentare, anche per il resto del paese, un esempio virtuoso di sviluppo e crescita economica che non sacrifichi nessuno.

 

Nel suo libro “Milano tra storia, realtà e sogno” lei parla di un grande sogno che le città dovrebbero avere. Qual è in questo momento quello di Milano?

Mi piacerebbe che la città diventasse una sorta di Silicon Valley focalizzata su tematiche connesse alla qualità della vita e alla sostenibilità.

Penso a un museo di arte contemporanea che possa rappresentare lo slancio verso il futuro che la città ha sempre dimostrato di possedere. E vorrei anche che Milano avesse un suo Central Park, luogo di aggregazione per i cittadini, ma anche punto di riferimento turistico della città.

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