Diana Bracco: Squinzi, una storia esemplare di azienda di famiglia
Diana Bracco, Presidente e amministratore delegato del Gruppo Bracco, ricorda Giorgio Squinzi,
Diana Bracco, Presidente e amministratore delegato del Gruppo Bracco, ricorda Giorgio Squinzi,
Le aziende familiari hanno qualcosa in più: un patrimonio di valori che è come una linfa vitale che si tramanda attraverso le generazioni e si traduce in amore per il prodotto, per il lavoro, per i collaboratori, per le comunità in cui si opera. Tutto questo vale in modo particolare per la Mapei e la famiglia Squinzi. Io penso che un imprenditore possa ottenere grandi risultati soltanto quando ha alle spalle un gruppo unito che crede con grande fiducia e passione all’azienda e alla sua crescita. Giorgio l’ha sempre avuto, e questo gli ha permesso di raggiungere traguardi straordinari puntando su ricerca e internazionalizzazione con una visione sempre lungimirante e una vera e propria “ossessione” per la crescita.
Infaticabile lavoratore, da quando nel 1984 raccolse l’eredità di suo padre Rodolfo, fondatore dell’azienda, Giorgio Squinzi in questi trent’anni l’ha portata sul tetto del mondo: all’inizio degli anni novanta i dipendenti della Mapei erano 500, oggi sono oltre 10.000. Insieme alla moglie Adriana Spazzoli e ai figli Marco e Veronica, ha fatto crescere l’impresa fino a farla diventare una delle più grandi aziende globali nel settore della chimica e dell’edilizia, con un fatturato consolidato di 2,5 miliardi di euro e ben 83 stabilimenti produttivi sparsi in tutto il mondo. Sono numeri impressionanti di cui tutti coloro che lavorano in Mapei, ma anche il Paese, possono e devono essere fieri. A questo riguardo, ricordo che nel 2017, in occasione dell’80° anniversario dalla società, Squinzi dichiarò con legittimo orgoglio che Mapei, nella sua storia, “non ha mai chiuso un bilancio in perdita, non ha mai fatto ricorso alla cassa integrazione, non ha mai licenziato per riduzione di organici”. Una cosa straordinaria.
Ma Giorgio Squinzi non è stato soltanto un grande imprenditore; è stato anche una guida sicura per le tante associazioni che l’hanno voluto come Presidente. Penso con particolare emozione alla sua elezione ai vertici di Confindustria, che ha guidato da maggio 2012 a maggio 2016 con un impegno e una dedizione commoventi. In viale dell’Astronomia ha fatto sempre e solo l’interesse dei colleghi, sacrificando il suo tempo e la sua stessa salute. Lo animava infatti uno straordinario spirito di servizio, così come quando fu chiamato alla guida del Cefic. Essendo sempre stato un europeista e un convinto fautore degli Stati Uniti d’Europa, Squinzi a Bruxelles era molto ascoltato, ed era così bravo che l’Associazione dell’Industria Chimica Europea lo volle come Presidente.
In precedenza, per ben due volte era stato Presidente di Federchimica: dal 1997 al 2003, quando ci siamo passati il testimone, e poi di nuovo da giugno 2005 a giugno 2011. È proprio lì che è nata la nostra amicizia. Fu allora che abbiamo cominciato a condividere tante posizioni, facendo molte cose belle insieme. Per me più che un collega imprenditore Giorgio è stato un amico e direi quasi un fratello. A lui mi hanno accomunato tantissime passioni: dall’amore per la chimica all’impegno nell’associazionismo imprenditoriale, dalla passione per la cultura e per lo sport all’attaccamento a valori forti.
L’amore per la musica era un’altra cosa che ci univa tantissimo. Insieme abbiamo riportato il maestro Riccardo Muti con la Chicago Orchestra al Teatro alla Scala dove ha fatto due indimenticabili concerti. È stato un evento molto bello. E poi c’è stato lo sport, che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, prima con la straordinaria squadra di ciclismo della Mapei e poi con l’acquisto del Sassuolo. Ricordo quelle sue battute, come quando diceva: “Sai, ho sconfitto Prodi sul Ghisallo”. Poi quando prese il Sassuolo, mio marito, appassionatissimo di calcio, e milanista come lui, mi disse una volta: “Vedrai il Sassuolo passerà in serie A”. Fu così. Squinzi aveva le mani d’oro in tutto quello che faceva.
Padre e marito meraviglioso, Giorgio era un uomo leale, sincero e coraggioso. Una persona discreta, ma estremamente simpatica. Mai sopra le righe, mai troppo esposto, era uno di quegli imprenditori che hanno fatto grande l’Italia: una generazione guidata dall'impegno, della “famiglia povera e azienda ricca”, del pensare globale e agire locale. Ricordo i tanti interventi che ci ha regalato nelle riunioni del Consiglio di Amministrazione del Gruppo Bracco di cui faceva parte da anni. Ho sempre tenuto molto ad avere il suo parere e la sua visione globale, sull’Europa, la Cina, gli Stati Uniti. Si preparava tantissimo, faceva domande centrate e dava suggerimenti preziosi, che ci mancheranno molto.
Con la morte di Giorgio Squinzi la Chimica italiana ed europea ha perso un grande protagonista e Milano un cittadino esemplare e un grande mecenate, che ognuno di noi dovrà ricordare sempre con affettuosa gratitudine.