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Mario Botta
Architetto
L'Architetto Mario Botta ricorda Giorgio Squinzi.

Dopo i funerali di Giorgio Squinzi nella suggestiva cornice del Duomo di Milano, circondato dalla famiglia e dagli amici, mi succede che, con insistenza nelle pause degli impegni di ogni giorno, il ricordo di Giorgio ritorni da un canto ancora come componente dell’attualità del vivere e dall’altra come un’eco lontana del territorio della memoria.
Questa presenza fra un oggi e un tempo passato risuona inquietante. Giorgio resta ancora un compagno di viaggio dentro il vivere quotidiano o può unicamente evocare il territorio di una storia che ci accomuna?

 

L’ambiguità di questa condizione indica una presenza-assenza costante che non si è conclusa con la sua scomparsa terrena. Il suo ottimismo del vivere le contraddizioni del nostro essere coincide con le suggestioni ancora presenti del suo pensiero: il bello del “fare”, il bello del costruire, il bello del progettare nella convinzione che anche il lavoro individuale può concorrere al bene collettivo. Una prospettiva questa capace di superare gli ostacoli e di mirare agli obiettivi finali.

Mi sono misurato con Giorgio su differenti progetti architettonici: quello per la ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano e quello per il progetto dei laboratori di ricerca Mapei a Mediglia. In questi travagliati processi non esistevano ostacoli burocratici o strutturali che potessero impedire la loro attuazione. Per l’architetto rappresentavano un’interpretazione di come l’architettura in sé stessa non esista, ma che diventa tale solo attraverso l’opera di architettura. Ancora grazie Giorgio!

D’altra parte Giorgio Squinzi, come compagno di viaggio, al di là delle avventure di lavoro che abbiamo condiviso, ha costantemente rappresentato da un punto di vista umano una risorsa positiva. La sua fiducia nell’attività dell’uomo resta un esempio che ha accompagnato la mia crescita.

Ora mi accorgo che con la sua scomparsa è venuta meno anche una parte significativa della mia stessa identità.

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